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Il poema della balena spiaggiata

by Gianni Venturi

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1.
Crepuscolo 04:10
CREPUSCOLO Il giorno è apparso sporcando la notte di luce fredda Una stanza avida trattiene indumenti logori Saltano sulla tavola i versi inespressi La pensione arranca del resto stanno ora guerreggiando gli schiavi del delirio Potrei semplicemente scegliere dall’inviolato cielo e riempre E riempire la bocca di terra Le parole di terra formano la poesia della decadenza Lo schermo riflette la cloaca sociale Ne faccio parte farfalle di plastica svolazzano in un aria piombo La terra che ho intravisto nel fiume di latte riversato in cielo È polvere tutto è polvere Avevo una madre che aveva una madre Nel mondo ideale i figli seppelliscono le madri non ora La danza delle madri piangenti che lavano i corpi dei bimbi è oscena Ma il dolore per fortuna è oltre lo sguardo nostro I pochi sono sempre gli stessi che banchettano vestiti a festa Sulle macerie della civiltà empatica Coloro che tacciono sono i ciechi e i sordi di sempre Coloro che credono sono i fedeli senza nome cifre della massa E i pochi numeri primi appestano le cliniche psichiatriche Nudi avvolti da solitudini artiglianti Ora è tempo di lasciar scorrere il mio fragile crepuscolo.
2.
ESPERIMENTO SOCIALE Sono di passaggio, vedo tutto dallo spioncino della notte, non mi aggrego, ne socializzo, ho altri orizzonti dove soli rossi si stendono e dipingono tramonti inesauribili, parlo una lingua morta, fatta di versi obsoleti, guardo il mondo e non lo riconosco, vedo fiori dove c’è il catrame della guerra, vedo splendide fanciulle blu nel deserto berbero, vedo dense fiamme d’amore che avvampano, vedo la miseria passata e presente, vedo disperati che attraversano inferni d’acqua, tu, come me a volte piangi senza sapere perché, ti trascini in giorni vuoti, allarghi le braccia, vorresti in un abbraccio d’amore immenso, vestire le solitudini, di cuori straziati. Tu mi conosci amore mio, nell’intimo trascendente, siamo sconfitti, disarmati, ogni battaglia svanita, la rivoluzione non è che polvere, di libri polverosi. Vedo le tue labbra aggrappate ad un domani fatto di noi, le mie mani sanno di te conoscono il profondo del tuo calore, il nostro è un esperimento sociale, amarsi comunque, al di la delle grida e del dolore, amarsi all’interno di una bolla d’assenza di mondo.
3.
IL CANCRO NEOLIBERISTA Un figlio dell’occidente neoliberista sorseggia acqua di lacrime non sue certo, il sale si disperde nel deserto di fosforo video urticanti come reale finzione rotolano nella rete, il cellulare fotografa selfie sempre più arditi una macchia d’olio bruciato, si estende avvampa un incendio di ghiaccio popoli entrano a testa bassa nella fucina di Moloch pare una festa, musica e balli, sorrisi vuoti anime spente e cieche, sorseggiano bibite davanti al declino dell’impero occidentale si consumano avidi gli ultimi sprazzi di civiltà La gabbia è d’oro, con confini di sogno cibo e video assuefazione, tutto pare tranquillo Un impeto neoliberista, azzera il pensiero sradica la memoria corrode la storia La bestia dal codice a barre, impresso a fuoco come marchio indelebile, parla alle masse io sono, dice con voce suadente, io sono la luce e la via, paradigma neoliberista io sono la malattia e la cura adoratemi, e il mio marchio sarà lo stemma il vessillo che sventola solenne il dirupo nel quale crolla la vostra sopravalutata libertà La Siria sventrata, mentre gli sceicchi Arabi nuotano in mari di latte di Allah dalla cima vedono un popolo succube mentre gli sceicchi occidentali portatori della sindrome neoliberista scambiano dono con dittatori opulenti Noi, siamo quelli che giocano a Risiko che investono in borsa, pronti alla marcia del capitale poveri e ricchi uniti nello stesso desiderio possedere cose, luminose, colorate disposti a disgregare la terra schiava del tallone umano All’interno del letame neoliberista giacciono politica e ideali, tutta finzione parlamentare la democrazia rattrappita, pare obsoleta nei circoli letterari ci si chiede quando l’individuo si è tramutato in massa
4.
LE MADRI DI PALESTINA L’amore delle madri di Palestina, versato come fiume lacrimoso, ci sono bambini tanto amati seppelliti tra i detriti, sorrisi di bimbo ancora aggrappati alle macerie, nulla sanno dell’odio che avanza incolmabile. Ma tutto quell’amore è sacro, più del dio maschio e guerriero che governa conflitti e dolore. Quel dio intollerante che nulla sa dell’amore. Le madri di Palestina Hanno inviolabili cuori di ferro, la guerra è ruggine che corrode anche questi fantastici cuori, l’amore delle madri di Palestina è semplicemente l’amore di tutte le madri ed il fiume lacrimoso è il mio fiume.
5.
PALUDE DI GHIACCIO Sono pioggia sono vento sono l’onda che grida controtempo sono palude di ghiaccio, sono l’irreparabile conferma l’equazione senza cifra, giaccio avvinghiato a questo giorno qualunque questo giorno, che lumina oscurità grottesche da un cielo azzurro ebano. Potrei avere vissuto oltre la vastità irripetibile, di un silenzio programmato. Ho a lungo negato la mia appartenenza alla sublime immensità, contemplo il disastro della forma come fiume scorre la mente spenta bruciata, cenere nell’acqua la madre, dalla mano cenere, di lei tutto è cenere, il mio cuore è cenere, la mia anima di cenere. Fuoco spento non arde. Vedo la valle di cemento acceso ferro rugginoso città vuota nel suo dissonante clamore Ci sono pilastri d’indifferenza scorrono in file ordinate come alberi fradici di una melma sottile scorie di odio sociale debordante La mia verginità stuprata quanti baci ho conservato nel cassetto dell’anima per il bimbo che ero in attesa delle solitudini nascoste questa casa depredata inviolabile residenza dell’anima che prosegue distante, il canto dell’onda su scogli di roccia Ho grida così furiose che la gola non trattiene oltre un suono disarmonico irrompe non chiedetemi la chiarezza del verso c’è un vento torbido che inquina le valli il melo ed il pero l’albicocca il pesco si rannicchiano solo e ovunque fiorisce la gramigna
6.
POEMA DELLA BALENA SPIAGGIATA Come balene spiaggiate boccheggianti, siamo così, la poesia dell’acqua evapora tra miasmi velenosi e perduta memoria. C’è un buco nero che attrae inesorabile individui destinati ad una massificazione irreversibile, non c’è dialogo nella massa, nessun contatto, io ho la gola chiusa, priva di suono se non grido, ma il grido è muto, come il verso privo di parole, osservo estraneo le genti scivolare in strade cupe e aride, stranieri l’uno all’altro, costruttori di distanze infinite. L’auto ha il motore in panne, il meccanico stringe bulloni, e sussurra la danza del viaggio perduto. In questa estrema primavera, di fiori testardi Che si ostinano a germogliare su alberi fuori tempo, una natura violata, in riva ad un oceano infelice, si mostra, come l’anima allo specchio rotto. le balene incapaci di ricordare l’acqua sanno della fine, e cantano piccoli mantra d’acciaio. Ho paura dell’umano incedere, di questi vessilli consumati e consumanti, affamati di scorie putrescenti, bipedi dalle mani prensili, avvinghiate a telecomandi di oppio, assuefatti al loro stesso morire. Ho paura di entrare nella cifra, di fondermi con la circolarità immobile dell’entropica aggregazione belante. Potrei usare la lametta, il treno, o semplicemente spegnermi cliccando cancel!
7.
Sacralità 05:03
SACRALITA’ Santifica il tuo giorno diceva mia Madre, santifica il gesto e la rosa fiorita, santifica la salita, santifica il cancro che ti rode, le ho cantato negli anni a venire, cara e amata rosa d’inverno sfiorita al tocco della pena, santifica la fame, la demenza, la supponenza, la violenza, santifica le masse petulanti, santifica il potere corrotto, santifica il terrore, santifica le armi, santifica la borsa che divora interi mondi di fabbrica, santifica la melma danzante nelle vuote serate dell’eterno aperitivo, santifica questo cazzo, che fatica sempre più a farsi martello, santifica il vuoto dirompente che fuoriesce da natiche sode e labbra di silicone, santifica la cravatta linda del politico disturbante, santifica i bei capelli e le mani curate, e l’auto lavata, ed il pasto succulento, santifica la terra avvelenata ed il mare morto, santificami mentre cado e cado senza fine la discesa, come scivolare dall’eterno. Lei giace distesa di dimenticanza, la stanza, santa nella quale mi trovo, è la mente schiava di un retaggio dissoluto, ricordo, memoria, che altro, strappato il soffice vivere, di baci e carezze, e intense promesse Tutto Madre era santo al tocco leggero della tua mano carezza, santo il tuo sguardo ed il tuo sentire, il resto è solo polvere ingiallita, nella quale nuoto controvento
8.
Sacrario 05:39
SACRARIO. Un unico inesorabile sentimento s’annida tra versi e parole insensate una delirante assuefazione all’inutilità che governa i gesti della carne ripetitivi movimenti di danza circolare delle cose un tempo amate casa La discarica obesa del grasso in eccesso della civiltà occidentale è una città al culmine, che si veste di luci colorate nelle feste popolari io vago assorto di note sommesse, come silenziosa quiete che attende l’urlo, nel liquefarmi mi sposto di strada in strada, dove bar notturni attendono le mie ossa su sgabelli consunti di vino scadente e scale di condominio, la vita della gente comune non grandi spettacoli, nemmeno attese, nulla viene nulla è pronto ci si consuma nell’attesa, delle vacanze organizzate, da cataloghi colorati, dove il mare pare plastica ed il verde pittura contadina, non esiste nulla esiste Questo sentimento che governa la sete d’assoluto, inestinguibile puzza l’asfalto di gasolio vecchio, mozziconi di camionista e prostitute ad ogni rotonda ritorno sui miei passi perduto L’amore, una costante liquida elittica, di vene affioranti, come sole sulla pelle nella notte rabbuiante, scossa da tremiti di orgasmo radioattivo io sono una discarica di sentimenti rappresi come fango sulla pelle inaridita Un unico giorno, nel ripetersi, nello scarnificarsi alla ricerca di quell’anima agognata sono consapevole che questa non è poesia, ma il delirio di un poeta ubriaco potrei scrivere ore ed ore, sempre lo stesso verso, una scala per un cielo così oltre da apparire come sinfonia di deserto petrolio bruciato. Questo oscuro sentimento poetante di desiderio, di un sesso rotolante, in parcheggi di periferia, la sua gonna si alza ed io entro a piedi nudi e mani giunte, nel sacrario, seguo il ritmo ossessivo del martello pneumatico, lei inarca la schiena già curva, finge un piacere perduto, e sorride alla fine del gesto.
9.
Scorrere 05:08
SCORRERE Il tempo sfiora indifferente le solitudini che emergono, sfioro le margherite, e l’erba a piedi nudi, tu sei perfetta, sfiorisci accanto a me, ma illumini di colori caldi il mio passo pesante, tutto cambia, le corse di ieri, diventano giorni trascinati, dalla finestra il nostro platano c’era prima di noi, e forse ricorderà noi, io e te siamo parti di un amore più grande, disteso al sole di primavera, mi sveglio che tu già danzi il giorno, piccole cose, gesti quotidiani che odorano d’immenso, il tempo della disperazione pare svanito, la solitudine a volte resiste, la conservo con cura, ma tu, sei nella stanza oltre la porta, so, che posso aprirla quando desidero, e trovarti affaccendata in gesti sovrumani, tutto sfiorisce, la pelle si screpola, tutto è fatica, ma questo amore si mostra ancora bambino ogni volta che ti sento dentro e fuori di me, lo so che ogni goccia d’amore rinforza il mare dell’immensità. Amore, ti ho cercata nell’oscurità di notti interminabili, le nostre solitudini si sono innamorate, il viaggio di stanza in stanza tra piccole cose e oggetti amati le nostre voci riecheggiano nel silenzio della pace.
10.
Singolarità 05:09
SINGOLARITA’ Ora nel tempo bloccato buio di tenebra pare assoluto un piccolo fuoco arde nelle campagne se questa nebbia che corrode la luce si alzasse si potrebbe vedere una livida alba dove tutto l’umano evolvere infine si sgretola
11.
Universo 06:27
UNIVERSO Lo spazio non esiste, le dimensioni si fondono Non c’è volo ne presenza, sono un onda di luce che vaga tra le galassie, superando il mare di latte versato nel cielo cerco un centro che non c’è, vedo la morte catastrofica di una stella che porta nuova vita nell’universo tutto è in espansione, mentre l’umana creatura nell’inconsapevolezza è ferma. Vedo altri esseri come me onde di luce che si stagliano veloci, anime antiche creatrici di luci e colori, le sento e loro sentono me, in una fusione empatica di energia sublime. La pallina colorata che s’allontana è la terra degli uomini, piccole formiche indaffarate a costruire montagne di nulla che si sgretola nello scorrere di un tempo inesistente, poiché è nel conteggiarlo che esso il tempo si mostra inesorabile. Dalle stelle che esplodono la vita si forma, se una goccia d’acqua è parte dell’oceano, la luce d’ogni anima è polvere di stelle. Mi distendo tra galassie e segnali sconosciuti messaggi di altri universi possibili, arranco nella singolarità e implodo, diventando un buco nero. In me l’universo danza, lo so, lo sento, le stelle sono occhi di vita sublime, e noi piccoli in equilibrio tra l’inconsapevole immobilità, ed il desiderio d’essere oltre, oltre tempo, oltre spazio. Se è vero che ogni cosa s’illumina, è vero che l’universo è in noi, e noi siamo nell’universo.

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Una fusione tra versi e suono, Poesia sonora? I testi sono parte integrante del mio percorso poetico e di vita, poiché non mi riesce di separare la poesia dalla mia vita. Tutti i suoni sono prodotti dalla voce, supportata da effetti vari, come i miei due precedenti lavori!

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released December 4, 2022

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Gianni venturi Bologna, Italy

Suonare, scrivere, recitare, dipingere, scolpire, trovare nuove galassie, esplorare i meandri più nascosti dell’animo umano, della storia, non essere massa, ma numeri primi.
Può la musica trasformarsi da puro intrattenimento a scintilla che riattiva i neuroni?
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