1. |
Crepuscolo
04:10
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CREPUSCOLO
Il giorno è apparso sporcando la notte di luce fredda
Una stanza avida trattiene indumenti logori
Saltano sulla tavola i versi inespressi
La pensione arranca del resto stanno ora guerreggiando gli schiavi del delirio
Potrei semplicemente scegliere dall’inviolato cielo e riempre
E riempire la bocca di terra
Le parole di terra formano la poesia della decadenza
Lo schermo riflette la cloaca sociale
Ne faccio parte
farfalle di plastica svolazzano in un aria piombo
La terra che ho intravisto nel fiume di latte riversato in cielo
È polvere tutto è polvere
Avevo una madre che aveva una madre
Nel mondo ideale i figli seppelliscono le madri non ora
La danza delle madri piangenti che lavano i corpi dei bimbi è oscena
Ma il dolore per fortuna è oltre lo sguardo nostro
I pochi sono sempre gli stessi che banchettano vestiti a festa
Sulle macerie della civiltà empatica
Coloro che tacciono sono i ciechi e i sordi di sempre
Coloro che credono sono i fedeli senza nome cifre della massa
E i pochi numeri primi appestano le cliniche psichiatriche
Nudi avvolti da solitudini artiglianti
Ora è tempo di lasciar scorrere il mio fragile crepuscolo.
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2. |
Esperimento sociale
04:57
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ESPERIMENTO SOCIALE
Sono di passaggio, vedo tutto dallo spioncino della notte,
non mi aggrego, ne socializzo,
ho altri orizzonti dove soli rossi si stendono e dipingono tramonti inesauribili,
parlo una lingua morta, fatta di versi obsoleti,
guardo il mondo e non lo riconosco,
vedo fiori dove c’è il catrame della guerra,
vedo splendide fanciulle blu nel deserto berbero,
vedo dense fiamme d’amore che avvampano,
vedo la miseria passata e presente,
vedo disperati che attraversano inferni d’acqua,
tu, come me a volte piangi senza sapere perché,
ti trascini in giorni vuoti, allarghi le braccia,
vorresti in un abbraccio d’amore immenso,
vestire le solitudini, di cuori straziati.
Tu mi conosci amore mio, nell’intimo trascendente,
siamo sconfitti, disarmati,
ogni battaglia svanita, la rivoluzione non è che polvere,
di libri polverosi.
Vedo le tue labbra aggrappate ad un domani fatto di noi,
le mie mani sanno di te conoscono il profondo del tuo calore,
il nostro è un esperimento sociale, amarsi comunque,
al di la delle grida e del dolore,
amarsi all’interno di una bolla d’assenza di mondo.
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3. |
Il cancro neoliberista
05:41
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IL CANCRO NEOLIBERISTA
Un figlio
dell’occidente neoliberista
sorseggia acqua di
lacrime
non sue certo, il sale si disperde
nel deserto di
fosforo
video urticanti come reale
finzione
rotolano nella rete, il cellulare
fotografa selfie sempre più
arditi
una macchia d’olio bruciato, si estende
avvampa un incendio di ghiaccio
popoli entrano a testa bassa nella fucina di
Moloch
pare una festa, musica e balli, sorrisi
vuoti
anime spente e cieche, sorseggiano bibite
davanti al declino dell’impero occidentale
si consumano avidi gli ultimi sprazzi di
civiltà
La gabbia è d’oro, con confini di
sogno
cibo e video assuefazione, tutto pare tranquillo
Un impeto neoliberista, azzera il
pensiero
sradica la memoria corrode la storia
La bestia dal codice a barre, impresso a
fuoco
come marchio indelebile, parla alle masse
io sono, dice con voce suadente, io
sono
la luce e la via, paradigma neoliberista
io sono la malattia e la cura
adoratemi, e il mio marchio sarà lo stemma
il vessillo che sventola
solenne
il dirupo nel quale crolla la vostra sopravalutata libertà
La Siria sventrata, mentre gli sceicchi Arabi
nuotano in mari di latte di
Allah
dalla cima vedono un popolo succube
mentre gli sceicchi occidentali
portatori della sindrome
neoliberista
scambiano dono con dittatori opulenti
Noi, siamo quelli che giocano a
Risiko
che investono in borsa, pronti alla marcia del capitale
poveri e ricchi uniti nello stesso desiderio
possedere
cose,
luminose,
colorate
disposti a disgregare la terra schiava del tallone umano
All’interno del letame neoliberista
giacciono politica e ideali, tutta finzione parlamentare
la democrazia rattrappita, pare
obsoleta
nei circoli letterari ci si chiede
quando l’individuo si è tramutato in
massa
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4. |
Le Madri di Palestina
03:34
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LE MADRI DI PALESTINA
L’amore delle madri di Palestina,
versato come fiume lacrimoso,
ci sono bambini tanto amati
seppelliti tra i detriti,
sorrisi di bimbo ancora aggrappati
alle macerie,
nulla sanno dell’odio che avanza incolmabile.
Ma tutto quell’amore è sacro,
più del dio maschio e guerriero
che governa conflitti e dolore.
Quel dio intollerante che nulla sa dell’amore.
Le madri di Palestina
Hanno inviolabili cuori di ferro,
la guerra è ruggine che corrode
anche questi fantastici cuori,
l’amore delle madri di Palestina
è semplicemente
l’amore di tutte le madri
ed il fiume lacrimoso è il mio fiume.
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5. |
Palude di ghiaccio
05:55
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PALUDE DI GHIACCIO
Sono
pioggia
sono
vento
sono l’onda che grida controtempo
sono palude di ghiaccio,
sono l’irreparabile conferma
l’equazione senza cifra,
giaccio
avvinghiato a questo
giorno qualunque questo giorno,
che lumina oscurità grottesche
da un cielo azzurro ebano.
Potrei avere vissuto oltre
la vastità irripetibile,
di un silenzio programmato.
Ho a lungo negato la mia appartenenza
alla sublime immensità,
contemplo il disastro della forma
come fiume scorre la mente spenta bruciata,
cenere nell’acqua la madre,
dalla mano cenere, di lei tutto è cenere,
il mio cuore è cenere, la mia anima di cenere.
Fuoco spento
non arde.
Vedo la valle di cemento acceso
ferro rugginoso
città
vuota nel suo dissonante clamore
Ci sono pilastri d’indifferenza scorrono in file ordinate
come alberi fradici di una melma sottile
scorie
di odio
sociale
debordante
La mia verginità stuprata
quanti baci ho conservato
nel cassetto dell’anima per il bimbo che
ero
in attesa delle solitudini
nascoste
questa casa depredata inviolabile residenza
dell’anima
che prosegue
distante,
il canto dell’onda su scogli di roccia
Ho grida così furiose che la gola non trattiene oltre
un suono
disarmonico
irrompe
non chiedetemi la chiarezza
del verso
c’è un vento torbido che inquina le
valli
il melo ed il pero l’albicocca il pesco si
rannicchiano
solo e ovunque fiorisce la
gramigna
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6. |
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POEMA DELLA BALENA SPIAGGIATA
Come balene spiaggiate
boccheggianti,
siamo così,
la poesia dell’acqua evapora
tra miasmi velenosi
e perduta memoria.
C’è un buco nero che attrae
inesorabile individui
destinati ad una massificazione
irreversibile,
non c’è dialogo nella massa,
nessun contatto,
io ho la gola chiusa, priva di suono
se non grido,
ma il grido è muto, come il verso
privo di parole,
osservo estraneo le genti scivolare
in strade cupe e aride,
stranieri l’uno all’altro, costruttori di distanze
infinite.
L’auto ha il motore in panne,
il meccanico stringe bulloni,
e sussurra
la danza del viaggio perduto.
In questa estrema primavera,
di fiori testardi
Che si ostinano a germogliare
su alberi fuori tempo,
una natura violata, in riva ad un oceano infelice,
si mostra,
come l’anima allo specchio rotto.
le balene incapaci di ricordare l’acqua
sanno della fine,
e cantano piccoli mantra d’acciaio.
Ho paura dell’umano incedere,
di questi vessilli consumati
e consumanti,
affamati di scorie putrescenti,
bipedi dalle mani prensili,
avvinghiate a telecomandi di oppio,
assuefatti al loro stesso morire.
Ho paura di entrare nella cifra,
di fondermi con la circolarità immobile
dell’entropica aggregazione belante.
Potrei usare la lametta, il treno,
o semplicemente spegnermi
cliccando cancel!
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7. |
Sacralità
05:03
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SACRALITA’
Santifica il tuo giorno diceva mia Madre,
santifica il gesto e la rosa fiorita, santifica la salita,
santifica il cancro che ti rode, le ho cantato negli anni a venire,
cara e amata rosa d’inverno sfiorita al tocco della pena,
santifica la fame, la demenza, la supponenza, la violenza,
santifica le masse petulanti, santifica il potere corrotto, santifica il terrore,
santifica le armi, santifica la borsa che divora interi mondi di fabbrica,
santifica la melma danzante nelle vuote serate dell’eterno aperitivo,
santifica questo cazzo, che fatica sempre più a farsi martello,
santifica il vuoto dirompente che fuoriesce da natiche sode e labbra di silicone,
santifica la cravatta linda del politico disturbante,
santifica i bei capelli e le mani curate, e l’auto lavata, ed il pasto succulento,
santifica la terra avvelenata ed il mare morto,
santificami mentre cado e cado senza fine la discesa, come scivolare dall’eterno.
Lei giace distesa di dimenticanza, la stanza, santa nella quale mi trovo,
è la mente schiava di un retaggio dissoluto, ricordo, memoria,
che altro, strappato il soffice vivere, di baci e carezze, e intense promesse
Tutto Madre era santo al tocco leggero della tua mano carezza, santo il tuo sguardo ed il tuo sentire,
il resto è solo polvere ingiallita, nella quale nuoto controvento
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8. |
Sacrario
05:39
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SACRARIO.
Un unico inesorabile sentimento s’annida tra versi e parole insensate una delirante assuefazione all’inutilità che governa i gesti della carne ripetitivi movimenti di danza circolare delle cose un tempo amate casa
La discarica obesa del grasso in eccesso della civiltà occidentale è una città al culmine, che si veste di luci colorate nelle feste popolari io vago assorto di note sommesse, come silenziosa quiete che attende l’urlo,
nel liquefarmi mi sposto di strada in strada, dove bar notturni attendono le mie ossa su sgabelli consunti di vino scadente e scale di condominio, la vita della gente comune non grandi spettacoli, nemmeno attese, nulla viene nulla è pronto ci si consuma nell’attesa, delle vacanze organizzate, da cataloghi colorati,
dove il mare pare plastica ed il verde pittura contadina, non esiste nulla esiste Questo sentimento che governa la sete d’assoluto, inestinguibile puzza l’asfalto di gasolio vecchio, mozziconi di camionista e prostitute ad ogni rotonda ritorno sui miei passi perduto L’amore, una costante liquida elittica, di vene affioranti, come sole sulla pelle nella notte rabbuiante, scossa da tremiti di orgasmo radioattivo io sono una discarica di sentimenti rappresi come fango sulla pelle inaridita Un unico giorno, nel ripetersi, nello scarnificarsi alla ricerca di quell’anima agognata sono consapevole che questa non è poesia, ma il delirio di un poeta ubriaco potrei scrivere ore ed ore, sempre lo stesso verso, una scala per un cielo così oltre
da apparire
come sinfonia
di deserto
petrolio
bruciato.
Questo oscuro
sentimento poetante
di desiderio,
di un sesso
rotolante,
in parcheggi di periferia,
la sua gonna si alza
ed io entro
a piedi nudi
e mani giunte,
nel sacrario,
seguo il ritmo ossessivo
del martello pneumatico,
lei inarca la schiena
già curva,
finge un piacere perduto,
e sorride
alla fine del gesto.
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9. |
Scorrere
05:08
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SCORRERE
Il tempo sfiora indifferente le solitudini che emergono,
sfioro le margherite, e l’erba a piedi nudi,
tu sei perfetta, sfiorisci accanto a me, ma illumini
di colori caldi il mio passo pesante,
tutto cambia, le corse di ieri, diventano giorni trascinati,
dalla finestra il nostro platano c’era prima di noi,
e forse ricorderà noi,
io e te siamo parti di un amore più grande,
disteso al sole di primavera,
mi sveglio che tu già danzi il giorno, piccole cose,
gesti quotidiani che odorano d’immenso,
il tempo della disperazione pare svanito,
la solitudine a volte resiste,
la conservo con cura, ma tu,
sei nella stanza oltre la porta, so,
che posso aprirla quando desidero,
e trovarti affaccendata in gesti sovrumani,
tutto sfiorisce, la pelle si screpola, tutto è fatica,
ma questo amore si mostra ancora bambino ogni volta
che ti sento dentro e fuori di me,
lo so che
ogni goccia d’amore
rinforza il mare dell’immensità.
Amore, ti ho cercata nell’oscurità di notti interminabili,
le nostre solitudini si sono innamorate,
il viaggio di stanza in stanza tra piccole cose e oggetti amati
le nostre voci riecheggiano nel silenzio della pace.
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10. |
Singolarità
05:09
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SINGOLARITA’
Ora nel tempo
bloccato
buio di tenebra
pare assoluto
un piccolo fuoco
arde nelle campagne
se questa nebbia che corrode la luce si alzasse
si potrebbe vedere una livida alba dove
tutto l’umano evolvere
infine si sgretola
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11. |
Universo
06:27
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UNIVERSO
Lo spazio non esiste, le dimensioni si fondono
Non c’è volo ne presenza,
sono un onda di luce che vaga tra le galassie,
superando il mare di latte versato nel cielo
cerco un centro che non c’è,
vedo la morte catastrofica di una stella
che porta nuova vita nell’universo
tutto è in espansione,
mentre l’umana creatura nell’inconsapevolezza è ferma.
Vedo altri esseri come me onde di luce che si stagliano veloci,
anime antiche creatrici di luci e colori,
le sento e loro sentono me,
in una fusione empatica di energia sublime.
La pallina colorata che s’allontana è la terra degli uomini,
piccole formiche indaffarate a costruire montagne di nulla che si sgretola
nello scorrere di un tempo inesistente,
poiché è nel conteggiarlo che esso il tempo si mostra inesorabile.
Dalle stelle che esplodono la vita si forma,
se una goccia d’acqua è parte dell’oceano,
la luce d’ogni anima è polvere di stelle.
Mi distendo tra galassie e segnali
sconosciuti messaggi di altri universi possibili,
arranco nella singolarità e implodo,
diventando un buco nero.
In me l’universo danza, lo so, lo sento,
le stelle sono occhi di vita sublime,
e noi piccoli in equilibrio tra l’inconsapevole immobilità,
ed il desiderio d’essere oltre,
oltre tempo, oltre spazio.
Se è vero che ogni cosa s’illumina,
è vero che l’universo è in noi,
e noi siamo nell’universo.
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Gianni venturi Bologna, Italy
Suonare, scrivere, recitare, dipingere, scolpire, trovare nuove galassie, esplorare i meandri più nascosti dell’animo umano,
della storia, non essere massa, ma numeri primi.
Può la musica trasformarsi da puro intrattenimento a scintilla che riattiva i neuroni?
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