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Mantra Informatico "Of voice and men" "​声​と​男​の​"

by Gianni venturi

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1.
Distonia 05:36
DISTONIA Ossessivo ritmo di bottiglie tintinnanti e bicchieri fluttuanti Osservare dalla sfera di luce un buio ridondante Avvinghiato ad anime in carne morta. Una tomba, come sorriso falso del mercante di amenità, quello che scrivo, forse ubriaco rimbomba in un cuore infartuato la crescita esponenziale del commercio di bimbi arrossati nel deserto di nero petrolio la mediocre oscena vomitante riluttanza allo straniero ne faccio parte pur se nuoto senza fiato in un mare di lacrime, costruisco doloranti affreschi per rendere reale un futuro che sa di morte. La campana ritma la scena vuota nessun grido sa poetare la notte Io, bevo e bevo, e poi bevo, assurdamente compiaciuto dello sprofondare, in mari di silenziosa assuefazione occidentale. Ma chi cazzo sente la straziante infinita ridicola e ridondante egoica pena? Abuso dell’aggettivo, ne sono estremamente consapevole, poetante la mia inerte e casuale ispirazione, ma, l’essere poeta non placa la distonica ermetica e futurante visione della deflagrazione. Nulla sono, nulla sarò! DISTONIA Dystonia Obsessive rhythm of clinging bottles and floating glasses To observe from a shining sphere a plentiful darkness Clutching to souls in dead flesh A tomb, like the false smile of the merchant of amenity What I write, maybe drunk, echoes in a infarcted heart The exponential growth of the trade of sunburnt children in deserts of black oil The mediocre obscene disgusting reluctance to the stranger I am part of that, even though I swim breathless in a sea of tears I create aching frescoes to make real a future tasting death The bell rhythms the empty scene no scream can turn night into poetry And I drink, and drink and drink absurdly pleased of me collapsing In oceans of silent Occidental addiction Who the fuck hears the excruciating endless comic redundant selfish struggle? I abuse the adjective I am fully aware of this My inspiration a random motionless Poetry, but alas Being a poet doesn’t satisfy the dystonic hermetic forthcoming vision of the explosion Nothing I am, nothing I will be
2.
Isole 03:38
ISOLE Ansimante la strada così deserta di fiori polvere asmatica gratta giunture Fingo d’essere una radice, ma sono pioggia annaspano calde mani dal saluto negato Vivo mio malgrado in questa terra dolente Mentre grida l’amore dalla voce tonante L’armonico dissolve il gelo E musica in divenire dal canto portante Sono talmente vuoto che rimbomba il mio cuore Mi stendo come la brezza disciolta nella sera Come la nebbia purpurea nei campi avvelenati Come l’impetuoso rimbombare della guerra così lontana seppur vicina Ho paura dello straniero Che è il mio compagno di banco Il vicino di casa, il medico, la fornaia, il pasticciere Il mio viso allo specchio velato di vigliacco silenzio… Mamma ero radice, tu eri radice, mio padre denso d’amore, una radice Aggrappata alla terra dura… Ora vago con gambe molli alla ricerca dell’infelicità sconosciuta… Nonno, tu lo sapevi che in un mondo di isole Siamo estremi stranieri a noi stessi e agli altri… Nonno, tu lo sapevi che in un mondo di isole Siamo estremi stranieri a noi stessi e agli altri… Estremi stranieri a noi stessi e agli altri a noi stesi e agli altri agli altri si Islands Gasping the road So deserted with flowers Asthmatic dust scratches the joints I pretend to be a root, instead I am rain Warm hands fumble , no greeting granted I live despite myself in this aching Land Love yells out loud, with voice like thunder The harmonic dissipates the Frost In Music becoming the leading Chant So empty am I, my heart echoes. I lay down like the undone breeze of the evening Just like the purple fog covers the poisoned fields Just like the dashing roar of war So far yet so close I am afraid of the stranger My school mate he is My neighbor, the doctor, the baker, the pastry man My face in the mirror veiled by coward silence Mother I was a root, you were a root, my father so drenched with love a root Holding on to the harsh ground I wander now with flabby legs searching for the unknown happiness Grandfather you knew that In a world full of islands Extreme strangers we are to ourselves and to others.
3.
MANTRA INFORMATICO. Sono dentro ad un mantra informatico Danzano i neuroni l’avvenire in pose oscene Lo schermo è un occhio piatto che mi conosce Virtuale non è il non reale ma un reale diverso La moltitudine pare assente nella presenza Mi hanno impiantato un microchip Ora appartengo all’insieme sono a tutti gli effetti Un essere sociale non controllo ma appartenenza al sistema Immagini scorrono aliene di mondi bui dietro alla porta Dove scoppi di bombe sciamano in deserti di pece Basta un clic per cambiare post e tutto s’acquieta. Dentro al mio mantra informatico ho amici con nik diversi Le strade incontro dove gli amanti inseguono il bacio di carne Sono altrove dove la carne ed il sangue governano Questa è la casa dei neuroni che giocano a ping pong Io sono la ragione del mio stesso proseguire all’interno di me Gli amanti di carne sorseggiano le risa della terra Gli amanti perfetti sorseggiano le lacrime della terra C’è una guerra sullo schermo non mi piace ma non c’è il tasto da premere per confermarlo Questa guerra non finisce semplicemente premendo cancel Sono dentro ad un mantra informatico Neuroni danzano l’avvenire in pose oscene Lo schermo è un occhio piatto che mi conosce Virtuale non è il non reale ma un reale diverso Gli amanti di carne sorseggiano le lacrime della terra Gli amanti perfetti sorseggiano le risa della terra C’è una guerra non mi piace ma non c’è il tasto da premere per confermarlo Mantra Informatico I am inside this technological mantra The neurons dance in obscene postures what is to become The video is a flat eye that knows me well Virtual is not unreal but a different kind of reality The mass appears to be absent while being there A microchip was installed in my brains Now I am part of the Whole, I am in all and for all a Social being No control but belonging to the System Alien images of darks worlds run before my eyes behind that door Where bomb explosions whisper in pitch deserted lands Just a click to switch from a post and all is suddenly quiet Inside this technological mantra I have many friends with different nicknames I cross roads with lovers who chase the carnal kiss I am elsewhere there blood and flesh rule This is home for the neurons playing ping pong I am the reason why myself continues to exist inside of me The carnal lovers sip the evening tears The perfect lovers sip the tears of the Earth The war is on the screen, I don’t like that but there is no way to click it This war is not over by simply pressing Cancel I am inside a technological mantra The neurons dance in obscene postures what is to become The video is a flat eye that knows me well Virtual is not unreal but a different kind of reality
4.
PLASTICA LUCENTE Plastica lucente nelle acque chiare Scorie radioattive di una civiltà al suo culmine In un mare che vivo ansima beffato Macelli addolorati sulla tavola imbandita Si disquisisce amabilmente sull’altrui sofferenza Da questi simulacri virtuali E quelli arrivano con i loro stracci a mostrarci Impuniti la loro pena Oh mia amata terra di Sumer, assiria lucente Oh Babilonia dalle alte terrazze Vanno ad ovest le carovane dei pellegrini Ad Oriente pozze nere ardono Potessi essere te mia amata madre terra E rivoltare tutto in un sussulto Ed un mare antico potessi vedere un giorno La brezza sottile d’un miraggio di porpora luminante All’imbrunire E madri nelle aie di canto con bambini danzanti “Potessi esser foco e bruciare tutto il dolore in un coro ambra!” Potessi esser foco e bruciare tutto il dolore in un coro ambra Potessi essere te mia amata madre terra E rivoltare tutto in un sussulto Ed un mare antico potessi vedere un giorno La brezza sottile d’un miraggio di porpora luminante All’imbrunire E madri nelle aie di canto con bambini danzanti “Potessi esser foco e bruciare tutto il dolore in un coro ambra!”
5.
STRANIERO OVUNQUE Radice, sequoia, fuscello. La tempesta La strada finestra, aperta, seppur vuota. La strada Se mi fossi trattenuto in quel denso bacio Se avessi protratto il contatto Se avessi protratto il contatto Se avessi espresso un cielo d’amore Non lacrimerei questo giorno di pioggia. Ma non era quella l’ora del consolare Io mi distendo sulla soglia di un passaggio E ovunque sensibili folate di vento E ovunque sensibili folate di vento Sussurra la voce del rimpianto Non era l’ora dell’abbraccio ne del miraggio Urla di me la voce eppure c’è un silenzio che tace Sono affranto danzo controtempo Come zingaro alla deriva Ho una roccia nel cuore fattosi pietra Di te madre ho perso ogni minuto In questa terra che non mi conosce Di te madre ho perso ogni minuto In questa terra che non mi conosce
6.
Assenza 04:14
ASSENZA E’ tempo di condividere l’assenza Tempo di estrema partenza C’è un ponte di nebbia che separa strade Poco battute che conducono ovunque Partecipare, condividere, aggregare Partecipare, condividere, aggregare Rivoluzionare cuore asmatico che batte sbatte rotola Io mi sento la pietra lapidaria Non angolare, nel muto dialogare Sono fuori tempo, e non parlo di me, ma del me Che si vede nello specchio cupo e rotto Sono fuori tempo, e non parlo di me, ma del me Che si vede nello specchio cupo e rotto Io mi sento la pietra lapidaria Non angolare, nel muto dialogare Non posso e non voglio comunicare L’estremo abbandono Non posso e non voglio comunicare L’estremo abbandono Io mi sento la pietra lapidaria Non angolare, nel muto dialogare 2 volte giochi di voce Io mi sento la pietra lapidaria Non angolare, nel muto dialogare
7.
DOLORE ANTICO Scrivo della brezza di un mattino dondolante Delle crepe nelle mura dolenti di case sognanti, di case sognanti che il sogno ha radici di terra e sapore di fieno E l’erba si stende al tramonto e piedi nudi danzano piedi nudi danzano La ciminiera del putrido maleodorante progresso Marchio indelebile in cielo affranto, disquisiscono i saggi dal video schiumante dell’altrui sofferenza il mercato boccheggia ansante ed è veleno la sua voce la borsa divora la plastica deborda da mare d’industria ed il cielo stesso trasuda gas mefitico e squama la via del serpente, commercialista, avvocato, finanziere, e le banche cantano la via del dolore, del dolore mentre grida la foresta, mentre grida la sequoia, mentre grida la rondine. Potrei io stesso stendere l’ala e scorgere tra le ombre un sogno di volo, andare, altrove dove il silenzio è musica, e la mano carezza gentile, dove lo sguardo di miele si perde in cuore assetato. Madre mia, tu mi dicesti che il dolore è antico, in questo canto in divenire ripete la strofa. Madre mia, tu mi dicesti che sopra sotto dentro e fuori è tutto amore È amore dalla cima dei pioppi che danzano Che danzano Madre mia, tu mi dicesti che sopra sotto dentro e fuori è tutto amore È amore dalla cima dei pioppi che danzano Che danzano che danzano Madre mia, tu mi dicesti che sopra sotto dentro e fuori è tutto amore È amore dalla cima dei pioppi che danzano Che danzano
8.
Nulla 05:49
NULLA Sono pronto a governare la mia assenza come si accarezza un gatto Che miagola suadente So con palese certezza d’essere una palla di nulla che fa colazione in un bar Con cappuccini schiumanti e veloce presenza d’agglomerati di nulla Che sembrano umani in divenire 3 volte I portici di questa città che cantava note d’aggregazione Ora svuotata calpestata da orde di cervelli spenti La massa mi spaventa agorafobia del cuore nelle vene Private del sangue puro del sogno che danza Poi aprono le fabbriche, gli uffici, hot dog, pause caffè, parole, costruzioni ardite di sfere di niente E domani noi non saremo più qui, altre anime si stenderanno consce del nulla da noi salvato.. consce del nulla da noi salvato da noi salvato da noi salvato La massa mi spaventa cervelli spenti Che sembrano umani in divenire La massa mi spaventa cervelli spenti Che sembrano umani in divenire
9.
PENSIERO PORTANTE. Dimmi della banca, si quel luogo osceno dove conservano denaro, dimmi del politico pettinato, dalla foto luminosa, dimmi della borsa dove giocano osceni uomini grigi che devastano mondi, terzi e quarti, dimmi del lavoro perduto o della pensione che non arriverà, dimmi di tua madre ammalata dal tumore devastante, in ospedale freddo assente, disumanizzato, o di tuo nonno imbottito di farmaci velenosi, dimmi dell’allevamento intensivo, del cibo gonfiato, del dolore, di vite a me affini, dimmi, delle parole tante, dei libri cosi densi di possibilità e speranza, dimmi del tuo dio maschio guerriero, della chiesa dorata e indifferente. Oppure, acquietati, nel sottile sciogliere della mente, priva del pensiero portante, io conservo stretto il diario del bimbo che ero, seppure l’odioso retaggio, mi disgusta, a tal punto che mi gratterei la mente con carta vetrata. Master thought Tell me about the bank, that obscene place where money is preserved, or about the brushed politician, from the bright picture, tell me about the stock exchange where obscene grey men play to destroy worlds, thirds and fourths, tell me about a lost job or about retirement that won’t arrive, tell me about you mother’s devastating cancer, in the hospital an absent cold, dehumanized, or about your grandfather stuffed with poisonous pills tell me about the intensive breeding, the inflated food, of the pain of other lives similar to mine, tell me, so many words, books so dense of possibility and hope, tell me about your warrior male god, about the indifferent and gilded church. Or, calm down, in the narrow melting of the mind, lacking a master thought, I preserve, tightened, the diary of the child I was, even if I am disgusted by the hateful heritage, to the point I would scratch with sandpaper my mind.
10.
DIMMI CHE MI AMI Dimmi che mi ami dimmelo più volte Sta crollando il buio nel deserto L’innocenza non è un giglio Ma di sangue il lezzo dei suoi giorni Madre di tutte le madri un ora, un ora in cui il nascere s’avverte E diviene insostenibile il vagare intere ere in cerca di niente Amami e di notte rammentami e se puoi sopravvivimi Di niente svestimi rivestimi di baci e carezze insostenibile certezze Sii avida perversa che mi sfianchi l’amplesso succhiami il piacere stordisci il dolore Non dirmi ciò che vedi riflesso nelle mie mani sature di cemento. Ho tutto ciò che mi occorre per costruire il muro acqua sabbia cemento pietre Ho una casa fatta di mura imperforabili Ed un camino dal quale esce fumo tutto tranquillo appare. S’accavallano immagini d’altri orizzonti dal video Ci si riposa la sera Ho un letto nel quale immergermi ed al mattino un vestito con il quale avvolgermi Ci si sveglia di notte Se la paura fosse viva la vedrei strisciare dalle campagne Emergere dalla mura come una scimmia sull’albero di banane Non ho che una briciola di niente e niente siamo io e te in questo immenso vagare Niente le auto che sbavano di mattina o i cadaveri che rotolano dalle mani dallo bocca dal cuore niente la fabbrica che apre niente siamo io e te in questo immenso vagare a boccheggiare Niente la carovana di muratori con la cazzuola Che costruiscono case dalle quali la notte emerge. Ammai e di notte rammentami e se puoi sopravvivimi
11.
LA VISIONE DI LEONARDO! Con pochi denari nelle tasche, sorseggio vino scadente e non amo il mio paese, paese di debosciati belanti e imbrancati che odiano lo straniero, e gettano i rifiuti dal finestrino, come quei vecchi disgraziati che dormono sotto i portici con cartoni e stracci, che deturpano il paesaggio di questa fogna di paese crudele e selvaggio, paese o nazione, un cazzo di orgoglio patriottico, esce da me come una scoreggia, non ho talento, ne voglia di lavorare, ne di costruire cattedrali di niente sulla sabbia, al diavolo la tradizione, ci si masturba l’anima con quello schifo della tradizione, si costruisce la prigione, di un retaggio maledetto, o memoria svanita, paese revisionista, religioso, troppo religioso con i suo preti pedofili e dio bianco e guerriero, fosse vero che ogni cazzo di uomo è un isola, ma non è così, siamo agglomerati urbani in disfacimento, con la rupe di sparta sempre aperta al grido, dove cazzo è quella subdola bontà che aleggia nelle chiese di domenica, a natale? E quante sono quelle chiese, che le campane mi stracciano le palle, oramai quasi vuote, Non vuole lo straniero il maschio italiano che si sbatte la prostituta rumena, bimbe doloranti in riva al nulla di strade nere, dove orchi senz’anima e dal cazzo moscio ne godono, vedo di sera, sul cavalcavia della tangenziale, alla rotonda del camionista, poliziotti giocare con queste bambine, e fingere di non conoscere la loro pena, questo paese bigotto che non vuole case chiuse, ma cupe strade aperte. Ci sono tasse da pagare, multe da pagare, pizzi legali da pagare, direzioni di via senza punto d’arrivo, ci sono mura imperforabili di dolore rappreso come sangue nel cemento, ci sono bambini avvinghiati ad un video osceno e destrutturante, madri stupide e compiacenti che dicono: Guardate quanto è bravo mio figlio che azzera il pensiero! Ci sono ipocriti che pensano che la carne nasca già nel sacchetto di plastica dell’ipermercato, ipocriti sepolcri imbiancati che si vestono con la Cina sulla pelle, calciano i palloni dei bimbi siriani in Turchia, che indossano i diamanti della sierra leone, che consumano olio di palma, che hanno la badante Moldava, lo sguattero filippino, l’operaio di fatica senegalese, ipocriti che non sanno del mare insanguinato e del traffico umano dei centri d’accoglienza, detesto questo paese, le sue città museo, le sue banche maleodoranti, la sua sottomissione alla missione di pace dalla bomba intelligente in difesa della cultura dominante, manca a questo paese, la follia dei danzatori, o musici di strada, anarchici dal cuore pregno di utopia, manca l’utopica sensazione di bello, di casa comune, di aggregazione, manca il poeta che declama, che vive la sua poesia, come se il cuore e l’anima fossero un unico verso, manca la primavera, o semplicemente il suo aroma nelle narici bambine, manca la consapevole allegria in divenire di un sorriso allumante, manca la comune dove l’amore è libero, perché l’amore se non è libero che amore è? Manca l’essere ermafrodita o essenza dualistica dell’uno. La visione di Leonardo, la visione di Cartesio, la visione di mio nonno Ernesto. Ed ora, in un ora diseguale, alla fine dell’oscuro declamare, che mi resta? Non ho amici, ne conoscenti, ne strade da percorrere, ho tumuli di ghiaccio dove giace la memoria, non ho fedi, ne passioni, ne razionali ostentazioni di nulla, ho amore, tanto, che deborda senza controllo, dalle mani, dalla bocca dal mio sesso turgido, ho tanto di quell’amore che potrei farne un giardino di margherite, sulla collina, da dove mia Madre, guardava il tramonto ed aveva la carezza facile….
12.
Iside 02:20
ISIDE LA MIA MAESTRA D’AMORE… Segreto amore cosi assoluto che la foglia trema Amore che sottile la danza dell’airone un mattino S’alluma il mio corpo che sorride la terra, la mia terra Che ha radici soffici come la roccia. Segreto sussurro d’amore, che altro non ho dalle mani carezza Dal cuore assettato e la via che conduce a casa Segreta dimora d’ancestrale memoria di cose conosciute Di baci perduti del bimbo che mi sente e sono io. Segreto amore che vedo la vite arida e la schiena curva Della vecchia amante che corpo pesante, eppure sorride. Indica il cielo, indica la terra, indica la vigna, indica l’airone, indica la tomba, indica la via tortuosa, indica l’assoluto immenso luminare l’occhio di spirito vivo, indica me, mia madre, indica le mani di mio padre, indica la chiesa, indica la bestemmia, indica, la canapa dura, il macero e la folaga, indica l’autunno, l’inverno, indica la mia paura di vivere, il segreto del vivere, indica il sorriso che ho perduto, le lacrime in divenire, indica il cerchio perfetto, indica l’imperfezione, il ritorno, il karma, indica il futuro, il passato, indica la mia compagna, indica la mia solitudine, il panico, la mia ansia, indica la pioggia ed il sole…che altro, non ricordo, se non il suo riso ed il sussurro impetuoso E’ tutto amore canta, è tutto amore…Iside!
13.
Mother 05:10

about

Gianni Venturi has come a long way. Front-man of the progressive Band “Altare Thotemico” and leader of the courageous project “Moloch”, he describes himself as a voice researcher and a poet, music and poetry come together in what we might call an harmonic-dystonic fusion. His Universe is free from the market laws, all belongs to a sort of creative Anarchy.
The voice is a sound, and it is used here, like never before, as a musical instrument, the listener can hardly tell the difference, bass guitar, drums and percussion, all is a vocal exercise. Valerio Venturi joins in with his psychedelic bass and the final result is a no politically correct , addictive sound package of music and poetry with a clin- d’oeil at the Beat Generation.


A musical release in which TheVoice fills all the spaces, changing form and taking the shape of the instruments( synth, bass guitar, drums, trumpets). Last but not least Poetry and Vocal Research add powerful rhymes.

Un disco dove la voce riempie gli spazi assumendo la forma degli strumenti, ogni suono è prodotto dalla voce, accompagnata da un basso elettrico e sequenze ritmiche. Ricerca vocale, portatrice sana di poesia, versi potenti ed incisivi, alla ricerca della forma suono\verso!

Gianni venturi voce testi musiche e arrangiamenti
Daniele bagnoli arrangiamenti e fonico
Valerio venturi basso elettrico
Foto e grafica Alessandro Corona
Video Noemi Kiddo

DISCO PRODOTTO DA: MP& RECORDS
DISTRIBUITO DA GT MUSIC

youtu.be/VGdCLx7wcCI

youtu.be/NLjKxorrSgw

credits

released July 12, 2018

Beat generation, Demetrio stratos, Ulan bator, Giacomo Leopardi, Dylan thomas, Frank zappa, Allen ginsberg, Moloch, Altare thotemico

license

all rights reserved

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about

Gianni venturi Bologna, Italy

Suonare, scrivere, recitare, dipingere, scolpire, trovare nuove galassie, esplorare i meandri più nascosti dell’animo umano, della storia, non essere massa, ma numeri primi.
Può la musica trasformarsi da puro intrattenimento a scintilla che riattiva i neuroni?
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