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Socrate è morto

by Gianni venturi

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1.
Buco nero 05:35
BUCO NERO Mi sono perduto all’interno di me cerco la via della risalita Da profonde ed entropiche assenze di me da me Ti osservo cadente la luna di te marea Solstizio e rossa la tremolante follia di stelle espòose Buchi neri di anime raggelate Nel buio della massa. Cifra non numero primo Assenza dell’individualità, fusione nel branco, una grande carestia d’amore che stringe come una morsa cuori affranti aprono le fabbriche dove operai senza tempo costruiscono catene e pilastri di ghiaccio la promessa della terra dal fiore che canta la promessa del mare la luna e le stelle la promessa delle foreste dei campi innevati la promessa del falco e della luce del mattino della sera il crepuscolo la promessa dell’anima sognante appesa ad un filo leggero la carezza della luce sulla pelle il sospiro della brezza del mattino ed io sono incredibilmente vivo e tutto ciò è magnifico cammino tra stelle filanti e sentieri assolati sono quel bimbo che non sa del deserto che avanza aperto alla mano leggera vorrei essere la promessa della parola gridata ti amerò per sempre e ti rispetterò perché di te sono fatto e in te tornerà mia amata terra!
2.
SOCRATE E’ MORTO Socrate è morto Lumina il nero Di cosa stai parlando? Di cosa parlando stai Irreversibile inesprimibile concetto alieno di sobrietà Socrate è morto è morto La società si sgretola dissociante alienante masturbante corroborante disgregante Potrei andare potrei essere potrei potere ma Socrate è morto Per cosa stai partorendo la parola arquata Di cosa stai parlando con parola arquata I mistici socratici gli stoici, mai effimeri ne sofistici Ma davvero assente è presenza di sentimento rappreso come fiamma di fango Arrossa il sangue vene candide ed estatiche E, Socrate è morto Alluciniamoci di fantastiche illusioni Alluciniamoci con sostanze proibite di colore Alluciniamoci con mani che si cercano Alluciniamoci di sprazzi di cielo viola Alluciniamoci del morbo dell’esistere Alluciniamoci come fossimo ciechi con altri occhi di dentro E continua dalla città la folla continua a belare il branco Cerca un pastore con il bastone nodoso Cielo nero cielo nero
3.
Like 05:52
LIKE Tempo, fiume, lavanda, bosco, da capo, ricordo fuoco, memoria, brucia. Madre, stremata, ghiaccio, cuore, andato, oltre. Da capo il bimbo, ha la smorfia del vecchio, che bimbo non è. Mondo, la preda, costante, essere nella massa petulante, schiumante. Non c’è coraggio, nel rifiuto del diverso, l’economia, il mercato, la banca, il progresso, risiko, la guerra, gioco di ruolo, virtuale pietà, virtuale empatia, like! Da capo, le braccia annaspano di un abbraccio mai dato, labbra aride di baci, cuori infartuati, anime dissolte nella nebbia, mare nostrum! La portinaia ha voce deserto, la porta spalancata, eppure buia, all’interno grappoli di luce dissolta, esseri disumani razzolano tra rifiuti, come fossero oro. Possesso, il mio è mio, grida il cadavere inconsapevole. Da capo, sono cose, oggetti potenti, cellulari, televisioni, auto, vestiti, presenza, ritardo, tempo scaduto, ghiaccio scioglie, l’ape boccheggia, il fiore divampa, la terra trema inaridita, la plastica è un tempio alla demenza, Ma la lavanda, di odore, il prezzemolo, il basilico, il geranio, sul davanzale, il bucato steso alla luce, l’aia fiorita, il gallo canta, il latte appena munto, il gatto miagola, ed io incredibilmente vivo, un ricordo, niente altro, che vento, fame di vento, lacrima la madre, lacrima il padre, ed il figlio, ed il mare, e la fuga, noi vittime di noi. Va bene, di questa valle, conservo spazio mancante, so dell’orso, e della folaga, so della foresta che giace sventrata, fumo, dolore, impotente clamore, Like! so del petrolio, e del veleno di fabbrica, so di miserabili derelitti, sfruttati da un demone occidentale, Like! so delle multinazionali oscene, e della massa addormentata. Like! So del falso rivoluzionario populista, già vecchio alla nascita, che srotola assurde banalità dal palco avvelenato. Like Ma la massa è un tumore consenziente, la massa devasta, cultura ideali, la massa, consuma come locusta, divora e si divora. La massa, vuole l’uomo nuovo, la guida, arcano messia, la massa grida senza suono, voce veleno. La massa dilaga ingovernabile, ma influenzabile, ho paura! Smassificare la massa diviene utopia essenziale. Like!
4.
PAESE CHE CROLLA Questo cielo di cui parlo ha onde e sembra mare un mare di nuvole LA TEMPESTA CORRE succhia fiato e sponde di ghiaia la donna che ha figli cavalca cielo nero di bomba paese crolla d'aiuto salvato oltre ogni limite Un uomo spinge sul gas dice: Ancora! Quando tutto è spento. Stringe azioni e borsa sale sulle macerie del vivere contadini vangano deserti di pece e nulla cresce silenzi assoluti, e indifferenti cantori danzano la festa che comincia Emigranti emigrati puliscono latrine e dormono dove il cielo finisce e la notte dilaga Lui grida ed è un uomo, lei sottile si stringe tra le sue stesse braccia una madre un padre sulla mina giocattolo un bimbo sorriso ha perso le gambe e la possibilità stessa della vita sono assetato di pace e mi sento stracciato di cuore non colpiscono il nemico le mie braccia non ho futuro poiché il futuro non mi conosce Questo cazzo di cielo rosso questa notte che dilaga questo sputo di vita cittadina di smog e risate sguaiate questi supermercati stracolmi di merda queste persone indifferenti al dolore queste auto che sbavano questo cazzo di foresta che muore questa guerra che non finisce questi governi maledetti e velenosi questa danza d'impasticcati che urlano Posso provare a dare un calcio al dolore si, posso tentare di mordere la luna e forse la notte finisce sono consapevole del fastidio che provoca questo testo posso provare a diventare muto cieco sordo posso provare a scrivere una canzone che fa rima con cuore amore dottore untore posso diventare di destra e giocare in borsa posso conversare amabilmente di niente parlare di calcio extracomunitari posso farmi una sega aspettare domani tagliarmi le mani per non sparare, si posso sperare, sperare che arrivi l'alba della specie che si dibatte nella pece...
5.
L'uomo nuovo 05:52
UOMO NUOVO Da questa fanghiglia puzzolente sorge l’uomo nuovo. Così la terra di colla trattiene slanci di sogno, nuove e maestose follie annaspano in menti disturbate, che s’ammassano in bar squallidi nell’ora della festa, in quei momenti di alcolico delirio, s’avvertono suoni disarticolati, sembrano parole, ma dal senso iniquo, vuoto, potresti affogare tra risate e sputacchi, tra vivande scotte ed insapore e alcool schifoso. I clacson gridano l’ora del vespro, si srotolano rosari vergognosi, mentre l’insulto, la bestemmia maledicono lo straniero. E tu, o me, sappiamo d’essere stranieri al vicino di casa che vomita veleno verde. Dio trattenuto, la tua virtualità è desolante, esci dalla bocca di esseri cattivi che ti usano, che tu ci sia o no! Ed ora in questa ora di cemento, sono l’avatar di me stesso, disquisisco assente del futuro assordante. Dimmi poeta urlante, per chi urleresti oggi? In questo tempo di menti statiche, per chi? Vedo la strada deserto tra palazzi fatiscenti dalle finestre sbarrate, vedo agglomerati di polvere che riempie vesti inadeguate, vedo un mare che ha perso l’azzurro, arrossato di sangue, vedo cuori disanimati, imputriditi che indicano la marcia nera, e gridano, canti osceni di vomito e catarro, schifosa litania, vedo la massa diseguale avvinghiati l’uno all’altro, nella cloaca senza pensiero. La dialettica attuale è un campo di sterminio, un lager d’assoluta dimenticanza, la memoria arde, nel fuoco spento della storia.
6.
IL DEMONE DALLE OSSA ROTTE Il demone dalle ossa rotte sorseggia neve calda, a frotte gli assenti spiriti dissoluti Avanzano di danza in danza e coro assordante asmatico, come La follia di corvi volteggianti, nella melma che dilaga senza controllo Da questo cielo violaceo, assurdi ermetici mantra si srotolano, la civiltà occidentale, racchiusa in un grido di stupore dolorante. Il demone succube del suo stesso incedere, si ciba di sé con morsi e graffi, ho provato senza sosta a poetare dell’amore, o delle verdi pianure, ho poetato mia madre, mio fratello, ho poetato il mio insulso divinare, ma il verso che irrompe è altro, sa di terra marcia, di vecchio cimitero, ho poetato il bimbo che ero un tempo di poca luce e altrettanta poca pace, ora disquisisco amabilmente di prostata e pensione che mai avrò, e di cielo avvelenato, Il demone che canta, sono io perduto in un intenso dolore che non m’appartiene, ma è certamente immensamente mio, questo è l’impero del niente, sdraiato sulla pietra demente, non pietra angolare, sabbia di questo chimico mare, questo è l’impero del niente che spegne la mente, nient’altro da poetare, se non un tenue disperato continuo naufragare.
7.
RITRATTO DÌ STRONZO ALLO SPECCHIO, Sono vecchio ma fotto Fotto e sono vecchio Un vecchio che fotte Avrei potuto fare altro, danzare balli caraibici fa bene alle giunture ma fotto e fa bene uguale ho fottuto tanto ma così tanto ho fottuto ideali, persone, amori ho fottuto gli anni passati o loro hanno fottuto me, è lo mismo devo solo decidere, ancora decidere cosa sono mettinculo o prendinculo nell’impasse non ho che sere fottute dalla luna sere così intensamente fottute dal whiskey che scivola ammorbante danza la mente che fotte la ragione e si spegne, che è quello che cerco il buio della presa di coscienza del pensiero chiuso, del ricordo sparito così ci si fotte poi ci sono quelli che mi hanno fottuto amici perduti, datori di lavoro, amanti deluse poliziotti palestrati, ufficiali giudiziari, avvocati, e che altro? Tutto un fottere e fottere reciproco Ora che sono appassito un tantino, mia moglie fottuta pure lei ha preso il treno andata, a fottere altrove, io rantolo sorrisi stupidi ostento saluti, dal banco del bar che sta per chiudere lei trucco sfatto, fottuta e sfinita lei ha labbra rosse, troppo rosse per non chiedere: Vuoi fottere amore? Mettinculo o prendinculo? Non è una decisione presa, ma quello che siamo, fottuti!
8.
Ommaya 04:49
9.
I AM SORRY I DO NOTO SPEAK ENGLISH. My life as a rock, la mia vita rock roccia sasso I do not speak English I’ m sorry my English is terrible Sono italiano I do not speak Italian I’ m sorry sono spiacente My Italian is terrible my Italy is terrible my Italy is terrible trash in my heart La mia anima in the darknees Nell’oscurità Buio la notte the night in my heart I am a poet I do not like poetry I do not speak poet Non parlo poetese urlo world, world of war soul broken my broken soul Ho l’anima rotta l’anima rotta Ho amore fratturato amore rotto Schotcchato Rammendato ramificato. My life as a rock, la mia vita rock roccia sasso I do not speak English I’ m sorry my English is terrible Sono italiano I do not speak Italian I’ m sorry sono spiacente My Italian is terrible my Italy is terrible my Italy is terrible Life its over the soul is over humanity is over the heart is over the sky is over I am over you are over everybody is over every place is over Each God is over my love is over every religion is over the End is over the End is over the End is over
10.
OBSOLESCENZA PROGRAMMATA. polvere tutto sarà polvere ingranaggi corrosi della macchina uomo ci si ripete in un cerchio entropico poeti sorseggiano versi di polvere parole mute come fiori recisi in quel giardino della memoria corpi di sale affondano gonfi d’indifferenza vengono da paesi petrolio paesi uranio, paesi diamante paesi coltan, anime di silicio Obsolescenza programmata di cuori aridi il gasolio che spinge l’auto era una foresta il microchip era nella terra In questo virulento tempo restiamo accocolati in una virtuale entropia dove monoteismi rabbiosi uccidono il divino Forse io ho abbandonato da tempo il mio essere umano cerco altrove anime d’aria nella scrittura che danza scrivo con la penna su di un foglio sgualcito la poesia viva mi narra dell’assoluto che era dell’energia della terra in quell’oltre musicale delle stelle che cantano dell’equilibrio universale che non si cura dell’umano proseguire della divina moltitudine del numero primo l’entropia all’interno del cerchio è l’inizio della spirale ogni fine racchiude in se il seme del nuovo inizio
11.
Black hole 05:29
BLACH HOLE. Sveglio al suono del silenzio Arranco disperso nel silenzio Mi sporgo ai bordi del silenzio Grido alieno Ammutolita voce Grido alieno Grido supremo Grido trasognante Grido transumante Grido muto mi sono sporto con fatica dalla finestra dirupo il nulla è apparso il nulla è sparso nel suo splendore cieco ho teso nel vuoto le mie mani danzanti le mani delle carezze perdute in quell’unico istante ho compreso d’essere un buco nero blak hole blak hole blak hole blak souls arrivò la cometa di ghiaccio arrivò vita dall’universo di traverso la vita nell’universo dei corpi che navigano verso sera la sera dei corpi che navigano l morto è vivo, ma il vivo è come morto risorto ritorto il senso della valle cupa dell’anima sognate l sogno della notte sfumato la notizia è questa! Arida la steppa dei miei desideri arido cuore disanimato… arida via di gente che grida muta… arido ospedale di anime malate d’assenza… la cura più velenosa del male! tapparsi le orecchie con il cemento della dimenticanza! chiudere gli occhi con le mani dell’oblio. Ammutolire suono con cascate di nulla tonante!

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GIANNI VENTURI – SOCRATE È MORTO

Con questo Socrate è morto Gianni Venturi si conferma prodigioso sperimentatore musicale e “poeta torrenziale”, senza dubbio alcuno uno dei nostri artisti di punta e come tale del tutto alieno alle meccaniche mercantilistiche e alle risibili pseudo-trasgressioni di tanti personaggi di bassa lega sostenuti dagli inconsapevoli fautori del pensiero unico. Va dunque sottolineata la capacità dell’artista emiliano di creare universi sonori distopici attraverso un uso personalissimo del mezzo vocale, caratteristica che emerge potente già dalla iniziale “Buco nero”, costruita su un ostinato vocale che è base da cui Venturi s’inabissa in gravi immersioni o si lancia nostalgico verso improbabili paradisi perduti. A seguire la title-track ancora una volta ben lontana dal garantire all’ascoltatore approdi rassicuranti, “alluciniamoci…” esorta il poeta quasi a cercare altrove scampo dal grigiore massificato del reale. Il terzo brano (“Like”) prosegue nella feroce critica sociale che costituisce uno dei punti fermi dell’arte engagé del nostro, il riferimento al mondo social del titolo s’inserisce in una sua peculiare tradizione (basti pensare al titolo del suo ultimo lavoro con Altare Thotemico “Selfie ergo sum”) e poi quel “fame di vento” di qoheletica memoria a saldare il passato con il futuro…programmatico il titolo della quarta traccia: “Paese che crolla”, un brano dalla componente armonico-ritmica maggiormente riconoscibile, una possibile declinazione della “canzone di protesta” in salsa avantgarde. “L’uomo nuovo” sembra seguire le stesse coordinate (la tonica è la stessa, la forma ritmica deriva direttamente dal brano precedente), l’incedere è quasi marziale…dove andrà l’uomo nuovo? Verso la redenzione? Sembra piuttosto dubbio. Venturi, con occhio lucido, si fa veggente e sembra invece prefigurare un uomo destinato a concludere la propria parabola nella decadenza (“vedo cuori disanimati, imputriditi che indicano la marcia nera…”). Dalle terre ctonie s’innalza invece la dronica “Il demone delle ossa rotte”, il musicista bolognese evoca entità maledette che niente hanno tuttavia di fiabesco ma sono radicate nel hic et nunc della civiltà occidentale ormai trasformatasi in un “impero del niente”. Va enfatizzato l’utilizzo estremamente creativo dell’autotune nella saettante melodia vocale che “decora” la corrosiva poesia di Venturi (per la serie: anche un’effettistica abusata nelle mani di un artista può dimostrarsi potente). Il settimo brano s’intitola “Ritratto di stronzo allo specchio” ed è l’ennesimo attacco frontale alla finta etica imbellettata del benpensante. “Ommaya” è intensa, minimale, ipnotica, Venturi alterna declamazione e cantato spiegato sopra un ostinato lineare e di grande efficacia. “I am sorry I do not speak english”, ancora su di un ostinato, questa volta dal sapore tribale, sparge dissacrante ironia, in linea con gli amati poeti della beat generation. Ci si avvia verso il termine di quest’opera con “Obsolescenza programmata” e viene il dubbio che sia l’uomo a essere programmato a un’obsolescenza declinante (“forse io ho abbandonato da tempo il mio essere umano, cerco altrove anime d’aria”), la poesia come via di fuga, l’arte come possibilità di “respirare l’aria di altri pianeti” per dirla col poeta tedesco Stefan George. Il cerchio si chiude con “Black Hole”, stesso titolo del primo brano, testo diverso, musica certamente contigua. Insomma questo Socrate è morto è un’opera d’arte autentica, un lavoro possente, sanguigno, viscerale…se volete conoscere lo stato dell’arte delle “musiche altre” (Antonello Cresti docet) nel Bel Paese (e qui è il recensore a fare dell’ironia) l’ascolto di questo straordinario disco di Gianni Venturi risulta obbligatorio.

Alessandro Seravalle

credits

released March 11, 2021

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Gianni venturi Bologna, Italy

Suonare, scrivere, recitare, dipingere, scolpire, trovare nuove galassie, esplorare i meandri più nascosti dell’animo umano, della storia, non essere massa, ma numeri primi.
Può la musica trasformarsi da puro intrattenimento a scintilla che riattiva i neuroni?
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